Fonte: Scomessa Italia
Autore: Lucia Ritrovato lucia.ritrovato@acli.it
Data: Giugno 2008
TUTTI IN CORO
Un maestro di Bologna, quasi per gioco, riunisce intorno a note e spartiti più di 60 elementi di ogni parte del pianeta.
E Mikrokosmos diventa un mondo piccolo piccolo dove l’integrazione nasce e si cementa a suon di musica.
All’inizio, il primissimo giorno di prove, eravamo solo in tre: un iraniano, un marocchino e un italiano». Sembra l’inizio di una barzelletta la storia del coro multietnico di Bologna Mikrokosmos che, nato nel 2004, raggruppa oggi persone di tutto il mondo nel nome della musica. E, invece, l’esperimento del giovane maestro Michele Napolitano – portare avanti un progetto che fosse di cooperazione e integrazione attraverso le note del pentagramma – è cresciuto in maniera esponenziale radunando attualmente ben 65 persone dai 14 ai 60 anni.
Fils, Eva, Michelina, e poi Silvia, Giulia, Mohammed, Celestine, Gustave sono persone completamente diverse, parlano lingue che vanno dall’arabo, al francese, dal polacco e al lingala, e ognuno ha una storia di vita che rappresenta il mondo e le diverse culture. Tutti però sono accomunati dalla voglia di cantare.
Soprani da una parte, contralti dall’altra e poi bassi e tenori, verso le 19.30 per sei volte al mese, si incontrano per studiare, arrangiare e provare in attesa delle esibizioni. «Capirsi, soprattutto all’inizio, è davvero complicato, ma tutto si semplifica quando si comincia a cantare. Allora, finalmente, si parla un’unica lingua universale» racconta Napolitano.
Ognuno porta un pezzetto della propria terra e cultura, ognuno, a fine della propria difficile giornata, porta la sua stanchezza e la sua voglia di divertirsi cantando. Il progetto iniziale del maestro era quello di creare dei cori di quartiere. «Mi piaceva l’idea – spiega il maestro – di poter radunare persone appassionate di musica, non professionisti. Il quartiere San Donato è stato l’unico a rispondere e ad accettare la proposta. Di lì, la possibilità di appoggiarci al Centro Zonarelli che da anni lavora con gli immigrati e di conseguenza la volontà di estendere la partecipazione a tutti». Il coro è un miracolo del passaparola e della comunicazione a 360 gradi fatta da Napolitano, che ha stampato volantini lasciandoli ovunque, anche nelle cassette della posta dove vedeva un cognome straniero. «Ho creduto tantissimo in questa iniziativa – dice – e visti i risultati ne sono felice. Quando ho il mio coro di fronte e lo dirigo mi sembra di vedere un pezzo di mondo».
Studenti Erasmus, pensionati, stagisti provenienti da ogni dove e tanti precari giunti in cerca di fortuna in Italia compongono il gruppo, che canta a cappella. Il repertorio, che ora “sbarcherà” anche in Repubblica Ceca, è composto da canti di tradizione popolare. «Inizialmente – spiega – ho portato avanti brani che avevo conosciuto nelle mie ricerche; poi, si sono aggiunte le proposte dei coristi, anzi, questa è diventata la parte più interessante».
Fils, per esempio, è congolese e quando è arrivato tre anni fa al coro non parlava quasi per niente l’italiano. «Ho voluto, però, in ogni modo – racconta – far conoscere un brano molto spirituale che si canta nel mio paese in lingala, la mia lingua. Insegnarlo è stato difficilissimo, ma adesso è un nostro cavallo di battaglia. Gli altri del gruppo si sono così avvicinati alle mie tradizioni e ogni volta che lo cantano dicono di
emozionarsi molto». Una ragazza ceca invece ha portato dal suo paese libretti musicali che studiava a scuola. «Da quelli – racconta Napolitano – abbiamo preso alcuni brani che ci piacevano. Stessa cosa è successa grazie a una ragazza giordana. E non mancano, devo assolutamente precisarlo, i canti in italiano».
Prova dopo prova, il gruppo ha appreso tecnica e professionalità e «una sua dignità musicale», precisa il maestro. I riconoscimenti non sono mancati, come il recente premio “Interculture Map” per le migliori pratiche interculturali, o l’esibizione a Palazzo Vecchio, a Firenze, in occasione della lettura multietnica della Costituzione italiana.
«Una prova tipo funziona così – racconta Michele, camerunese – all’inizio riscaldiamo la voce per una quindicina di minuti, poi facciamo degli esercizi di respirazione, tecniche vocali, esercitazioni di lettura musicale. Dopo ripassiamo i brani: prima provano i soprani, poi gli altri e, infine, si unisce tutto. Ma la parte più bella è il dopo-prova». Una volta al mese, infatti, si resta per mangiare qualcosa assieme. «Il coro diventa così – racconta Napolitano – anche un modo per uscire dalla solitudine che vivono tanti migranti. E serve anche per trovare lavoro».
A gennaio dell’anno scorso è nato “Mikrokosmos dei Piccoli” con le scuole elementari del quartiere San Donato. Attualmente è frequentato da quindici bambini dai sei ai dieci anni.
Piccoli semi di integrazione..
Becchiamoci in TV
Si chiama Crossing Tv, si vede on line e tutti i suoi programmi sono realizzati da una redazione di 14 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 20 anni, stranieri di seconda generazione e italiani. É la prima televisione web interculturale nata a Bologna, pensata per dare visibilità ai giovanissimi “contro ogni pregiudizio e discriminazione”. Giornalisti in erba e film-maker autori dei video sono studenti originari di Albania,
Congo, Cina, Marocco, Moldavia, ma nati qui o arrivati in Italia in età pre-scolare. L’indirizzo è www.crossingtv.it e assieme al coro Mikrokosmos rappresenta uno dei fiori all’occhiello del Centro “M. Zonarelli” che raggruppa oltre 70 associazioni sul territorio bolognese legate al dialogo interculturale.
Oltre alla tv, il Centro, che lavora a stretto contatto con il comune, ha attivato anche 10 corsi di lingua madre introvabili nel resto d’Italia come tigrigno, tamil, igbo, e ancora arabo e cinese.
Intervista a Eva Moravkova
UN MONDO DI AMICI
«Spesso arrivavo alle prove e non capivo una parola d’italiano; e chi avevo accanto non andava poi tanto meglio di me. Un miscuglio
incredibile e comunicazione pari a zero. La magia scattava quando si cominciava a cantare. Allora, devo dire, finalmente capivo tutti».
Eva ha trentanni e viene dalla Repubblica Ceca. É arrivata in Italia (“per amore”, precisa) nel luglio del 2004 ed è tra le prime straniere
approdate al coro Mikrokosmos. Oggi è anche vice-presidente dell’associazione omonima.
Come mai hai deciso di frequentare il coro?
Perché nel mio di paese si canta tantissimo, fa parte della nostra cultura. Dall’asilo in poi noi siamo abituati a studiare musica che diventa dunque una vera passione. Poi, appena arrivata qui, non conoscevo nessuno e dovevo cominciare da qualche parte, farmi coraggio. Ho letto il volantino del maestro Napolitano e mi sono“fiondata”.Com’è stato confrontarsi con altre realtà di immigrazione differenti dalla tua? Molto arricchente. Oltre a scambiarci le canzoni e ad apprendere i testi e la musica di altri paesi ci confrontiamo su tutto. Dalle differenti abitudini culinarie fino ai modi di vestire o all’educazione. Il coro è davvero un microcosmo di belle ma, a volte, difficili realtà, che ti aprono altre prospettive. Io ho una vita più facile qui a Bologna, per esempio, rispetto a un africano. Non ho mai subito atteggiamenti razzisti, altri invece
sì. La cosa interessante è che tra 65 persone ci sono storie davvero molto diverse e lo scambio è costruttivo.
Quali sono le difficoltà che si riscontrano in un gruppo così variegato, anche semplicemente per fare le prove?
Mi viene subito in mente, ma lo dico in maniera ironica naturalmente, la diversa concezione temporale mia e di un mio amico africano. Loro arrivano spesso in ritardo o non avvisano se non vengono alle prove. Oppure, penso ai tedeschi che hanno una precisione assoluta quando
cantano, a differenza degli italiani che sono sempre “per il tutto e subito”. E hanno poca pazienza di provare.
Il ricordo più bello in questi quattro anni?
Tanti. Penso alla prima volta che ho sentito gli altri cantare nella mia lingua, con gli accenti sbagliati e la pronuncia differente. Che fatica
insegnare una mia canzone! Oppure, la prima volta che siamo riusciti a cantare in lingala Yawekumama, oggi un nostro cavallo di battaglia. Altro momento bello è stato il laboratorio di “Ninne nanne del mondo” che ha unito bambini e anziani e fatto conoscere i motivetti del “prima di andare a dormire” tipici del Brasile o del Senegal.
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